venerdì 30 novembre 2012

ISTAT: BOOM DI PRECARI, SONO 2.877MILA!

Nel terzo trimestre i dipendenti a termine sono 2 milioni 447 mila a cui si aggiungono 430 mila collaboratori, sommando le due categorie si arriva a 2 milioni 877 mila lavoratori precari, il massimo dall'inizio delle serie trimestrali relative, dal III trimestre 2004. Se si guarda solo ai dipendenti a tempo, anche questo è un record, dal III trimestre '93.

mercoledì 28 novembre 2012

Studio Ires sul lavoro in crisi: diminuisce la quantità, peggiorano le condizioni

Mercoledì, 28 Novembre, 2012
Dal sito di NIdiL nazionale
 
Sono oltre 4 milioni (4.080.000) i lavoratori che, nel 2012, nel nostro paese, si trovano nella cosiddetta "area del disagio", quella che comprende l’insieme dei dipendenti temporanei e dei collaboratori che lavorano a tempo determinato perché non hanno trovato un impiego a tempo indeterminato, e degli occupati stabili che svolgono un lavoro a tempo parziale perché non hanno trovato un lavoro a tempo pieno. Rispetto al 2008 il loro numero è aumentato del 21,4% (718 mila unità). È quanto emerge dallo studio sulla qualità dell’occupazione, elaborato dall’Ires Cgil, a cura di G. Ferrucci, sui dati Istat riferiti al primo semestre di ogni anno.
Lo studio completo è a disposizione sul sito dell'Ires

giovedì 13 settembre 2012

Basta colpire i più deboli: il 28 settembre sciopero generale dei servizi pubblici

NIdiL CGIL aderisce allo sciopero generale dei servizi pubblici, proclamato per venerdì 28 settembre da FP CGIL, FLC CGIL, UIL Fpl e UIL PA.
Fra le ragioni che hanno portato allo sciopero, c’è infatti anche la preoccupante situazione di oltre 100 mila lavoratori precari del pubblico impiego (scuola esclusa), molti dei quali con contratti in scadenza a ottobre, quando saranno definite le nuove piante organiche. Sono tantissimi, inoltre, i lavoratori precari già espulsi dalla pubblica amministrazione a causa delle manovre del precedente governo: 45 mila solo nel 2011, secondo i numeri della CGIL.
Una situazione inasprita ulteriormente dal governo in carica, che provvede a ulteriori tagli lineari al personale della pubblica amministrazione, alla spesa sanitaria, al sistema formativo, alla presenza dello Stato sul territorio.
La “spending review” colpisce infatti ancora una volta il paese, il suo sistema di protezione sociale, i diritti di cittadinanza, i giovani, i pensionati.
Il licenziamento dei precari, il taglio dei servizi pubblici, la riduzione del personale, la contrazione dei diritti del lavoro, l’indebolimento della ricerca e della cultura si abbatteranno drammaticamente e ancor di più proprio su chi ha già pagato fin troppo gli effetti di questa crisi, mentre si lasciano indisturbate le grandi ricchezze e i patrimoni, gli evasori, i corruttori ed il malaffare.
In concomitanza con lo sciopero, sempre il 28 settembre è in programma a Roma una manifestazione nazionale dei lavoratori del pubblico impiego a cui sarà presente NIdiL con i precari della PA. L'appuntamento è in piazza della Repubblica alle ore 9.00.

martedì 11 settembre 2012

Referendum:lavoro,depositati due quesiti

chiedono ripristino del vecchio articolo 18

A seguire riportiamo una notizia battuta dall'ANSA che riguarda la richiesta di due quesiti referendari - i primi - che mettono in discussione la riforma Fornero del Mercato del lavoro.
Ci auguriamo possa trattarsi di un primo passo verso una ridefinizione radicale della L.92/12 che segna l'acuirsi, se possicile, della precarietà  [F.V.]

(ANSA) - ROMA, 11 SET - Sono stati depositati in Cassazione i due quesiti referendari sul lavoro sostenuti da Idv, Sel, Cofferati e altri sindacalisti, esponenti della società civile e giuristi. Presenti, negli uffici della Suprema corte, il leader Idv Antonio Di Pietro, Nichi Vendola per Sel, Gianni Rinaldini della Fiom. I quesiti chiedono l'abrogazione della deroga alla contrattazione collettiva e il ripristino del vecchio articolo 18 sulla reintegra.

mercoledì 5 settembre 2012

proclamato lo sciopero dei lavoratori in somministrazione di tutto il settore TLC – 17 settembre 2012.

In concomitanza con lo sciopero nazionale proclamato dalle Organizzazioni Sindacali SLC - CGIL – FISTeL - CISL- UILCOM - UIL, si  proclamano 8 ore di sciopero nazionale dei lavoratori in regime di somministrazione, nel settore TLC, per il 17 settembre 2012.
Lo sciopero rivestirà carattere unitario con l'adesione di NIDIL, FELSA e UILTEMP

martedì 28 agosto 2012

Guida alla Riforma Fornero

La legge 92/2012 è in vigore dallo scorso 18 luglio, sul sito http://www.wikilabour.it/ troverete una valida guida sulla riforma Forneri del Mercato del Lavoro a cura di CGIL Milano e regionale.

venerdì 1 giugno 2012

Ddl: Riforma del lavoro, ecco le misure

Articolo di Rassegna.it
Nuova assicurazione sociale per l'impiego, articolo 18, partite iva, apprendisti, collaboratori a progetto. Così cambierà il mercato del lavoro con il disegno di legge approvato dal Senato e che ora passa alla Camera per il via libera definitivo

ASPI. La nuova assicurazione sociale per l'impiego parte nel 2013 e sostituirà a regime, nel 2017, l'indennità di mobilità e tutte le altre indennità di disoccupazione. Vi rientreranno i lavoratori dipendenti, gli apprendisti e gli artisti. L'aliquota sarà gravata di un ulteriore 1,4% per i lavoratori a termine. Sarà possibile trasformare l’Aspi in liquidazione da prendere in una soluzione unica per avviare un'impresa. Perde il sussidio chi rifiuta un impiego con una retribuzione superiore almeno del 20% rispetto alla sua indennità.

ARTICOLO 18. Resta nullo il licenziamento discriminatorio intimato, per esempio, per ragioni di credo politico, fede religiosa o attività sindacale. Nei casi dei licenziamenti disciplinari (giusta causa o giustificato motivo soggettivo), minore discrezionalità del giudice nella scelta del reintegro, che sarà deciso solo sulla base dei casi previsti dai contratti collettivi e non più anche dalla legge. Niente reintegro automatico, invece, in caso di licenziamento per motivi economici; prevista in alcuni casi un'indennità risarcitoria. La procedura di conciliazione, obbligatoria in questo caso specifico, non potrà essere bloccata da una malattia “fittizia” del lavoratore (tranne che per maternità o infortuni sul lavoro).

PARTITE IVA. Saranno considerate “vere” quelle con un reddito annuo lordo dai 18mila euro in su. In caso di retribuzione inferiore ci sono però altri vincoli: la durata di collaborazione non deve superare otto mesi (erano 6 nel ddl originario); il corrispettivo pagato non deve essere superiore dell'80% di quello di dipendenti e co.co.co (75% nel ddl); il lavoratore non deve avere una postazione fissa in azienda: per esempio, si può avere il telefono ma non una scrivania.

CONTRATTI A TEMPO. Sarà di un anno la durata massima del primo contratto a termine, che potrà essere stipulato senza specificare la causale. Le pause obbligatorie salgono dagli attuali 10 giorni per un contratto di meno di 6 mesi a 20 giorni e a 30 per uno di durata superiore. In questo caso il Parlamento ha reso più soft quanto previsto dal governo.

APPRENDISTI. Il Senato ha allentato i vincoli previsti dal governo. Sarà infatti sempre possibile assumere un nuovo apprendista, ma i contratti in media dovranno durare almeno 6 mesi e cambia il rapporto numerico con le maestranze qualificate.

CO.CO.PRO. Definizione più stringente del progetto con la limitazione a mansioni non meramente esecutive o ripetitive e aumento dell'aliquota contributiva di un punto l'anno fino a raggiungere nel 2018 il 33% previsto per il lavoro dipendente. Lo stipendio minimo dovrà fare riferimento ai contratti nazionali di lavoro. Si rafforza l'attuale una tantum per i parasubordinati. Ad esempio, chi ha lavorato 6 mesi potrà avere oltre 6mila euro.

MIGRANTI. Sale da 6 mesi a 1 anno la validità del permesso di soggiorno per il lavoratore extracomunitario che beneficia di interventi di ammortizzazione.

JOB ON CALL. Per attivare il lavoro a chiamata basta un sms alla Direzione provinciale del lavoro. In caso di mancato avviso l'azienda rischia da 400 a 2400 euro di multa. Sarà libero per under 25 e over 55.

COPERTURE DA VOLI E AFFITTI. Ridotte le deduzioni sulle auto aziendali e quelle sulla tassa al servizio sanitario nazionale, che si applica sulle assicurazioni Rc auto. Tagliato dal 15 al 5% lo sconto forfait previsto per chi dichiara con l'Irpef i redditi derivanti da affitto (non tocca chi applica la cedolare). Aumenta di 2 euro la tassa di imbarco aereo.

giovedì 10 maggio 2012

Storie precarie: il magazziniere che traduce Omero

pubblicata da Cgil Varese il giorno giovedì 10 maggio 2012
Monica Lang
Una laurea in lettere antiche e un contratto a tempo come magazziniere. La storia di Michele Giuriola, varesino lavoratore precario di 38 anni, racconta nei fatti la situazione dei tanti lavoratori - giovani, ma ormai non più soltanto loro - che nella nostra provincia sono in cerca di occupazione. Che a Varese il lavoro sia precario all'80%  lo raccontano anche i dati ufficiali: otto contratti su 10 atipici nel 2011, numero di cessazioni maggiore rispetto agli avviamenti da due anni a questa parte, quasi 10mila contratti a tempo determinato della durata di UN SINGOLO GIORNO che, tradotti in posti di lavoro tradizionali, equivalgono a meno di 40 NUOVI POSTI DI LAVORO in un anno.
In occasione della Giornata nazionale contro la precarietà abbiamo però voluto dare la parola a Michele, uno dei tanti lavoratori invisibili che popolano la nostra provincia.
Laureato in lettere antiche, Michele oggi lavora come magazziniere a Gallarate con un contratto part-time a tempo determinato. Ma soprattuto Michele è un ex COCOPRO al CEPU, dove ha lavorato per 4 anni con una collaborazione a progetto nonostante avesse vincoli di orario e gerarchici, una postazione fissa nella sede Cepu e retribuzione commisurata alle ore svolte (elemento questo che caratterizza in particolare il lavoro subordinato). Il suo incarico, tra l'altro, coincideva pari pari con il calendario della scuola pubblica (a casa luglio e agosto, ovviamente senza retribuzione né indennità). Nel 2010 Michele ha fatto causa al CEPU, ma, come ha spiegato lui stesso: "molti colleghi nelle stesse condizioni preferiscono subire e tenersi stretto il lavoro". Michele rappresenta la quasi la totalità del lavoro di oggi, eppure "è difficile creare una coscienza condivisa - ha raccontato - e la mancanza di solidarietà dei miei colleghi di lavoro è la cosa che più mi ha ferito in tutta questa vicenda. Ho deciso di fare causa e tenere duro proprio perchè ho vissuto sulla mia pelle una fortissima ingiustizia e ritengo che qualcuno debba pure cominicare a dire di no e ribellarsi".

lunedì 30 aprile 2012

Iniziativa CGIL contro la precarietà

La CGIL è nuovamente impegnata nella sua battaglia - isolata - contro le iniziative inique e penalizzanti dell'esecutivo.
Il tema della riforma del Mercato del Lavoro non si può ridurre esclusivamente all'aspetto dell'art.18, giusto e condivisibile,ma certamente non risolutivo rispetto alla crescita ed all'occupazione.
A livello parlamentare si avverte un totale disinteresse sulla questione ed in questo silenzio non sorprende l'atteggiamento complice del PD di Bersani; ci sarà il maggiore partito del centro sinistra al fianco della nostra organizzazione?
Una cosa è certa: è quantomai necessario tenere alta la tensione sul Mercato del Lavoro e specificamente sulla precarietà poiché perdere questa battaglia rappresenterebbe una sconfitta per il Paese e per tutti i cittadini.

martedì 17 aprile 2012

Lavoro: Giovani CGIL, abolire subito contratti che nascondono sfruttamento legalizzato

Per i 'Giovani NON+ disposti a tutto' nulla è stato fatto dal Governo contro la precarietà. E' indispensabile: un welfare per tutti, una contratto vero di formazione e accesso al lavoro, garantire la continuità di reddito, estendere le tutele, combattere i contratti truffa
da http://www.cgil.it/


Troppe “fregature” sono nascoste nella riforma del mercato del lavoro, avvertono i giovani della CGIL che tornano a rilanciare le loro proposte: no ai contratti truffa, sì all'estensione degli ammortizzatori e delle tutele, sì alla continuità di reddito. Ecco cosa bisogna fare per i 'Giovani NON+ disposti a tutto' per essere finalmente liberi dalla precarietà.
'Truffati' dal Governo, che aveva più volte sbandierato una riforma del lavoro volta innanzitutto alle nuove generazioni, i Giovani della CGIL accusano l'esecutivo di aver utilizzato i precari come uno “specchietto per allodole”, nulla sarebbe stato fatto per combattere realmente la precarietà. I precari “servono a giustificare l’ideologia della flessibilità, che ancora una volta viene proposta come soluzione a tutti i mali e che oggi aveva bisogno di un bel restyling”. Affermano i giovani della CGIL, secondo i quali la prima operazione da fare è quella di ridurre le oltre 46 tipologie contrattuali, molte di esse forme di lavoro “usa e getta”.
Abolire i contratti che nascondono sfruttamento legalizzato è solo uno dei primi provvedimenti che secondo i giovani della CGIL è necessario prendere per contrastare la precarietà. E' importante, inoltre, favorire “un vero contratto di formazione e accesso al lavoro. L’apprendistato deve essere privilegiato quale contratto d'ingresso al lavoro”. Allo stesso tempo per i 'Giovani NON+ disposti a tutto' è fondamentale impedire gli abusi di contratti a termine, collaborazioni, partite iva, stage, per questo suggeriscono l'aumento dei costi per il datore di lavoro: “in molti casi siamo in presenza di contratti sottocosto ottenuti attraverso finto lavoro autonomo. Servono regole chiare!”.
Infine, è indispensabile estendere le tutele. Il diritto alla maternità e paternità, il diritto alla malattia “devono essere diritti universali e garantiti a tutte le tipologie di lavoro”, rivendicano i giovani della CGIL che ribadiscono, inoltre, l'importanza di estendere l'indennità di disoccupazione a tutti coloro che oggi ne sono esclusi. Per questo i 'Giovani NON+ disposti a tutto' proseguono le loro campagne informative per svelare tutte le 'bugie' sulla riforma del lavoro.

lunedì 16 aprile 2012

Riforma del lavoro: il professore non raggiunge la sufficienza, si presenti al prossimo appello.

«La flessibilità è il tempo di un nuovo potere che conduce al disordine, non alla libertà dai vincoli»
In questa frase di Richard Sennet le ragioni del no a una riforma del lavoro che mette in forte discussione il valore sociale del lavoro, la tutela dei diritti fondamentali e la dignità dei lavoratori.
La crisi internazionale e l’aumento della domanda di lavoro hanno fornito una giustificazione alla progressiva deresponsabilizzazione delle politiche di gestione delle così definite — con un termine orrendo — risorse umane.
Le imprese hanno fatto ricorso a forme di flessibilità anche dove non strettamente necessario in nome della redditività, della difesa della propria quota di mercato e della salvaguardia dei contratti di lavoro stabili in essere, precarizzando e impoverendo lavoratori giovani e meno giovani.
Questo governo tecnico fatto di lacrime e professori ci aveva promesso che nulla sarebbe stato più come prima e che il problema dell’incertezza occupazionale sarebbe stato risolto. Invece…
Le bugie hanno il naso lungo ma le gambe corte” esclama nelle aule il professore che coglie impreparato lo studente. Bene, ora sono i lavoratori che rivolgono questa frase ai professori che siedono al governo. Queste bugie avranno le gambe corte perché non c’è ripresa economica senza occupazione, perché nessuna delle tante forme di lavoro atipico è stata eliminata come annunciato, perché gli ammortizzatori sociali non sono stati estesi universalmente (anzi) e perché nulla è stato fatto per incentivare la creazione di posti di lavoro stabili. Ci hanno persino raccontato che le aziende non assumono perché nel nostro Paese non esiste “flessibilità in uscita”. Bene, guardiamo all’Europa.
L’OCSE ha elaborato una ricerca sul rapporto tra protezione legislativa del lavoro e investimenti esteri in entrata.
La protezione contro il licenziamento individuale dei lavoratori a tempo indeterminato Protection of permanent workers against individual dismissal è stata misurata su una scala che va da 1 a 6. Per l’Italia questo indice è risultato essere 1,69; per la Francia 2,60 e per la Germania 2,85. Ora, se gli investimenti diretti esteri (IDE) sono legati alla protezione del lavoro Francia e Germania dovrebbero registrare livelli di IDE in rapporto al Pil inferiori all’Italia e, più in generale, a Paesi con una legislazione di protezione del lavoro più bassa; invece l’Italia fa registrare un livello di IDE in entrata in rapporto al Pil del 16,4%, inferiore al 20,4% della Germania, e nettamente inferiore al 39% della Francia nonostante questi Paesi abbiano un legislazione più rigida in materia di lavoro. Il problema quindi sta altrove.
Suggerire le risposte ai professori potrebbe sembrare impudente ma forse la lentezza burocratica, l’assenza di infrastrutture adeguate, gli elevati costi dell’energia e dei carburanti e la presenza di un costo occulto rappresentato dalla criminalità organizzata e dall’evasione fiscale potrebbero essere delle valide risposte.
Per quanto riguarda il tema dell’art.18, questione che un governo responsabile non avrebbe dovuto nemmeno porre, l’incertezza tra reintegra e non reintegra rimane. La motivazione economica al licenziamento o c’è o non c’è.
Come si fa a distinguere tra una ragione infondata o manifestamente infondata?
Qual è il discrimine dal punto di vista giuridico?
Se il licenziamento è infondato, anche se non manifestamente infondato, è nullo ma non necessariamente il lavoratore otterrebbe la reintegra.
Infine la soluzione dell’aumento dell’aliquota contributiva per gli iscritti alla gestione separata dell’Inps — fino a raggiungere, nel 2018, quella attualmente applicata ai lavoratori subordinati — non fungerà di certo da “deterrente” nei confronti di quei datori di lavoro che ricorrono al lavoro atipico oltre che per risparmiare sul costo del lavoro, per non garantire ferie, malattia, maternità, diritti sindacali, garanzie occupazionali, si potrebbe continuare. E si fa fatica a credere che di questo il ministro Fornero non se ne sia accorta.
Non sono solo questi i punti deboli e i provvedimenti opinabili di questa riforma, ce ne sono altri. Quello che va però evidenziato è che si sta chiedendo a giovani, lavoratori dipendenti e pensionati di farsi carico di una crisi che li aveva già pesantemente indeboliti. Il vero nodo della questione è il potere d’acquisto di salari e pensioni (quando ci sono) e l’occupazione. Recessione e stagflazione, cioè combinazione di inflazione e stagnazione, non si combattono stringendo la cinghia degli ammortizzatori sociali e incentivando la precarietà.
Il professore non raggiunge la sufficienza, è meglio che si presenti più preparato al prossimo appello.

Gaia Angelo

venerdì 23 marzo 2012

Come il Governo ri disegna la precarietà

Fatte salve eventuali modifiche che potranno essere introdotte, ad oggi le intenzioni del governo in merito alle tipologie contrattuali più utilizzate possono essere sintetizzate come segue: 
Riportiamo senza commenti una tabella pubblicata da virgilio.it

Tempo determinato
Si vuole disincentivarne l'uso attraverso:
la maggiore difficoltà dei rinnovi perché dovrà far passare più tempo da all'altro;
il divieto di reiterazione oltre i 36 mesi, pena la trasformazione automatica in tempo indeterminato;
l'aumento dell'1,4% dei contributi, che andrà a finanziare la nuova assicurazione sociale per l'impiego (Aspi). La maggiorazione potrà però essere recuperata in caso di assunzione a tempo indeterminato (premio di stabilizzazione). Sono esclusi i contratti di sostituzione.


Apprendistato
Diventa la forma privilegiata di avviamento al lavoro dei giovani fino ai 29 anni. Rispetto alla normativa attuale vengono introdotte alcune modifiche:
una durata minima;
una percentuale minima di conferme per avere la possibilità di continuare ad assumere in apprendistato (stabilizzazione);
l'obbligo del tutor per l'apprendista e la possibilità per il datore di lavoro di certificare la formazione.


 Cocopro
Giro di vite anche per le collaborazioni a progetto (Cocopro), che il governo vuole disincentivare attraverso:
una definizione più ristretta di "progetto": non basterà più riproporre semplicemente l'oggetto sociale dell'impresa, ma dovrà essere specificata l'attività e l'organizzazione della stessa;
l'abolizione del generico concetto di "programma";
la comparazione dell'attività del Cocopro con quella dei colleghi dipendenti: in caso di analogia scatta la presunzione di lavoro parasubordinato.


Partite Iva
La riforma vuole eliminare quelle "fasulle" cioè utilizzate dalle aziende per ridurre il costo del lavoro. La partita Iva è il regime tipico del libero professionista che offre le sue prestazioni a diversi clienti in modo autonomo. E invece nelle aziende si trovano spesso soggetti con partita Iva che devono rispettare orari, regole interne, ordini dei superiori.
Quindi scatta automaticamente una "presunzione" di lavoro subordinato e la  conversione del rapporto a tempo indeterminato quando:
il rapporto di collaborazione dura più di 6 mesi all'anno,
il reddito che arriva dall'azienda supera il 75% dei redditi complessivi del collaboratore;
il collaboratore ha una postazione di lavoro presso il committente.
Sono esclusi i soggetti iscritti ad albi professionali


Part-time
Per evitare abusi, in caso di variazione dell'orario di lavoro sarà necessaria una comunicazione amministrativa e un preavviso per il lavoratore.

Lavoro intermittente (a chiamata)
E' una forma contrattuale con cui il lavoratore (che deve avere meno di 25 anni o più di 45) si mette a disposizione del datore per prestazioni discontinue. Anche in questo caso sarà obbligatoria una comunicazione amministrativa in forma molto snella (anche una telefonata) per ogni chiamata del lavoro.

Associazione in partecipazione
L'intenzione è quella di lasciarla solo per le piccole attività familiari. La riforma propone infatti che siano associabili all'impresa massimo 5 persone con legami familiari di primo grado (genitori e figli).

giovedì 22 marzo 2012

Ci siamo.... anzi, rischiamo di scomparire!

Ci siamo, perché al netto degli emendamenti parlamentari - per i quali nutro scarsissime speranze - e sempre che il Governo, sul solco del precedente non ponga la fiducia, la riforma del mercato del lavoro è stata partorita.
Rischiamo di scomparie: vale per sindacati e lavoratori che da oggi sono ancora più deboli ed in balia delle logiche del profitto.
Non voglio in questa sede procedere con una disamina puntuale del provvedimento(non ne ho al momento gli strumenti) , ma su alcune questioni non posso tacere.
La prima, pare che le oltre 40 tipologie contrattuali che hanno generato un'insostenibile precarietà non siano state ridotte, questo significa che la ricattabilità dei lavoratori rimarrà invariata e che la necessità di garantire un futuro alle nuove generazioni non è un obbiettivo del governo.
La seconda, si parla di stabilizzazione dei precari dopo tre anni, se ricordo bene, grande vittoria? No assolutamente basterà stipulare contratti inferiori a questa soglia temporale per mantenere i lavoratori nell'incertezza del futuro.
Giova ricordare che già oggi i somministrati dovrebbero essere stabilizzati in carico all'utilizzatore, ma questo avviene in casi numericamente irrilevanti e a fronte di estenuanti trattative sindacali.
La terza, il manternimento dell'art.18 solo in caso di licenziamento discriminatorio: un capolavoro, sfido anche l'osservatore più attento a verificare in quanti casi si affermi che il licenziamento sia riconducibile a motivi raziali, di religene o di inclinazione sessuale.
Nei fatti, a 10 anni dalla manifestazione del Circo Massimo, i poteri forti hanno concluso un percorso: bnon esiste più l'art.18.
Oggi la CGIL ha deciso di mobilitarsi usando lo strumento più classico: lo sciopero, è necessario che anche i precari vi aderiscano poiché se non direttamente coinvolti poiché l'art. 18 per loro non ha mai rappresentato una garanzia, con la sua abolizione (nei fatti) è crollato un argine che avrà pesantissime ricadute sull'intero mondo del lavoro.
In conclusione, mi permetto una considerazione di carattere economico, riflettendo sul fatto che una crisi non si supera con i tagli, bensì con gli investimenti. Credo che nessuno sarà mai in grado di convincermi che licenziare sia funzionale ad aumenre l'occupazione. Se questo è vero, siamo in presenza del più odioso dei tagli.
Francesco Vazzana Segretario NIDIL Varese

mercoledì 21 marzo 2012

Diciamo no perché la proposta del governo smonta l'articolo 18. Riforma squilibrata

Da cgil.it

L'obiettivo principale del governo sembra essere proprio quello di introdurre la libertà di licenziamento. La riforma è squilibrata anche per quanto riguarda il superamento del dualismo del mercato del lavoro. Lo ha spiegato il Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso, ieri sera (20 marzo) alla fine dell'incontro a palazzo Chigi con il governo
La CGIL si prepara a una mobilitazione dura che cambi le norme del governo
Dalle ore 18 su CGIL.it sarà possibile seguire la diretta della conferenza stampa di Susanna Camusso sullo stato del confronto per la riforma del mercato del lavoro


L'obiettivo principale del governo sembra essere proprio quello di introdurre la libertà di licenziamento. La riforma è squilibrata anche per quanto riguarda il superamento del dualismo del mercato del lavoro. Lo ha spiegato il Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso, ieri sera (20 marzo) alla fine dell'incontro a palazzo Chigi con il governo.

Con la proposta governativa - ha spiegato il Segretario Generale - viene meno l'effetto "deterrente" dell'articolo 18. E' anche molto significativo il fatto che la parte relativa all'articolo 18 non sia mai stata davvero messa in discussione e che il problema della lunghezza dei processi sia stato dirottato verso la riforma della giustizia. Come per le pensioni, ancora una volta i prezzi più alti si chiedono ai lavoratori. Ora la parola passa al direttivo.

Giovedì nuovo appuntamento. Non ci sarà un accordo da sottoscrivere, ma una "verbalizzazione". Poi si andrà in Parlamento.

Oggi, mercoledì 21 marzo, presso la sede della CGIL Nazionale a Roma in Corso d'Italia 25 alle ore 18 il Segretario Generale, Susanna Camusso, terrà una conferenza stampa sullo stato del confronto per la riforma del mercato del lavoro.

lunedì 19 marzo 2012

Ricordo di Marco Biagi a 10 anni dalla morte

Ricorrono i 10 anni dalla morte di Marco Biagi, credo sia giusto ricordare l’avvenimento, il personaggio ma soprattutto fermarsi e riflettere.
Oggi la ricorrenza è quanto mai attuale in ragione degli avvenimenti politici che vedono il mercato del lavoro al centro del dibattito nazionale; Biagi lasciò in eredità una legge che ancora oggi, vigente, offre poche garanzie alle lavoratrici ed ai lavoratori, spesso li rende ricattabili ed ha generato, con le oltre 45 variabili introdotte, una sensibile e concreta diminuzione dei diritti.
Coloro i quali sono assoggettati a contratti quantomeno discutibili, non solo si misurano con retribuzioni spesso inadeguate alle proprie mansioni, ma una volta espulsi dal sistema produttivo — e questo avviene con impressionante frequenza — devono misurarsi con la mancanza di reddito e l’assenza totale di garanzie; gli ammortizzatori sociali infatti non sono strumento applicabile a collaboratori, associati in partecipazione e a molti altri figli del D.lgs 276/03.
Ritengo sia importante, nel momento del ricordo, riflettere scevri da preclusioni ideologiche: il giuslavorista è divenuto un’icona, strumentalizzato da una classe politica che si è protetta per anni dietro la sacralità della morte.
Le distorsioni di un mercato del lavoro assolutamente inadeguato vanno quindi ascritte alla politica ed alla sua inadeguatezza.
Oggi è necessario intervenire su un meccanismo inadeguato, mi auguro (anche se ho fortissimi dubbi in proposito) si sappia tenere conto delle esigenze dei lavoratori con maggior attenzione rispetto a quanto fatto fino ad oggi, in questo senso sarebbe un errore irrimediabile portare a termine una riforma non condivisa dalle parti sociali.
Non mi avventuro in formule che più sapientemente maneggiano personalità più autorevoli del sottoscritto, mi limito a sottolineare che l’arroganza non dovrebbe essere dei tecnici, essi dovrebbero tentare la sintesi delle esigenze delle parti coinvolte offrendo alla politica gli strumenti adeguati.
A 10 anni dalla morte, sommessamente, penso di poter sostenere che se la politica, prevalentemente di destra, non avesse in questi anni manifestato una pericolosissima arroganza, ma si fosse limitata a seguire una strada tracciata e non conclusa, forse non saremmo in queste drammatiche condizioni.
Francesco Vazzana

venerdì 16 marzo 2012

Camusso: sull'articolo 18 così non va

da rassegna.it

Il segretario della Cgil torna sulla trattativa in corso con il Governo: "Credo che ci sia ancora della strada da fare, martedì ci aspettiamo risposte". E sui licenziamenti: "Le proposte sentite finora dal governo non ci convincono, e non vanno bene"

Sull'articolo 18 “vedremo quali proposte saranno fatte: quelle sentite finora dal governo non ci convincono, e non vanno bene”. Lo ha affermato Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, parlando della riforma del mercato del lavoro a margine di una iniziativa del sindacato a Firenze.

"Come abbiamo sempre detto - ha spiegato il segretario della Cgil - per noi l'articolo 18 è una tutela generale, ha una funzione di deterrennza rispetto all'arbitrio sui licenziamenti. Quindi, qualunque discussione deve partire dal
salvaguardare questi principio". Per il leader Cgil, "manutenzione può voler dire tante cose: se uno ha davanti una macchina, manutenzione può voler dire cambiare il motore oppure può essere metterci l'olio". Camusso ha quindi chiosato dicendo: "Abbiamo enumerato quali sono le cose necessarie per arrivare a un accordo, e martedi ci
aspettiamo delle risposte
"
Poi, commentando l'incontro di ieri di Monti con i partiti di maggioranza, Camusso ha aggiunto: "Non ho notizie se non quelle giornalistiche su cosa si sono detti al vertice di ieri. Io continuo a pensare che la trattativa vada fatta con le parti sociali: quindi vedremo cosa ci dirà il Governo al tavolo, martedì".
In ogni caso, ha aggiunto Camusso, "gli accordi sono possibili quando c'è un merito che viene condiviso: se dovessi dirlo oggi, credo che ci sia ancora della strada da fare".

domenica 19 febbraio 2012

Riforma del Mercato del Lavoro: pensieri personali

Sono, lo confesso da cittadino e sindacalista, in attesa interessata della riforma del Mercato del Lavoro che il governo si accinge a varare con il contributo, speriamo determinante e migliorativo, delle parti sociali e nello specifico del sindacato.
L'accanimento mediatico sull'art.18 nasconde infatti l'esigenza di riformare profondamente un sistema che da circa quindici anni ha consolidato un sistema di precarietà (contraddizione voluta).
Allargare lo scenario delle lavoratrici edei  lavoratori che possono fruire ed esigere diritti, oggi dimenticati; questo deve essere l'obiettivo della politica, per il sindacato, meglio per la CGIL questa è già una certezza.
Viviamo da anni in un contesto nel quale l'art.18 è una chimera per l'80% dei lavoratori in virtù di contratti non standard, questo significa che chi presta la propria opera è quotidianamente vittima di ricatti e vessazioni che ne fanno vacillare le certezze di reddito e sopravvivenza.
La flessibilità in Italia si è dimostrata perdente e si è trasformata in precarietà tremenda e drammatica.
Mi chiedo perché non si tenga conto del fatto che la qualità del lavoro garantisce qualità del prodotto e di conseguenza credenziali importanti per il Paese.
Oggi viviamo una realtà nella quale la crisi viene combattuta con i tagli, l'economia imporrebbe il contrario, si dovrebbe investire, in questa prospettiva auspico maggiori garanzie, un piano industriale ed investimenti per l'IIalia ed i suoi cittadini stranieri compresi.
Di fronte a polemiche, spesso affidate a chi non ha titolo, sull'art.18 oggi il Governo rilancia proponendo la cancellazione della Cassa Integrazionne Straordinaria, cosa ci si deve aspettare da questi illuminati professori?
La domanda è retorica, il governo agisce in una linea di continuità con Sacconi, al contrario gli investimenti potrebbero migliorare l'occupazione e le condizioni dei cittadini.
Chiudo con un'esperienza personale: sono abituato ad incontrare precari sulla soglia della disperazione, con loro condivido le ansie ed i timori per il domani, per i loro figli e le loro famiglie. Mi chiedo quado sia stato l'ultima volta che la "piangente ministra" si sia confrontata con persone realmente impaurite.
La storia insegna o dovrebbe farlo: la crisi attuale è stata abbondantemente accostata a quella del '29, allora se ne uscì con l'investimento nelle opere pubbliche e aumentando l'occupazione, oggi, in Italia, abbiamo un'opportunità importante: ridurre le forme contrattuali, allargare i diritti ed incentivare l'accesso al Mercato del Lavoro, non facilitarne l'esodo.
Il 2010, per la prima volta, ha segnato un dato preoccupante, le cessazioni dei rapporti di lavoro sono state prevalenti rispetto agli ingressi. Cosa significa? Ce non serve abbrogare l'art. 18 per licenziare, bisogna mantenerlo per evitare discriminazioni aborrite anche dalla  Costituzione.

                                                                                                                     F.Vazzana

venerdì 17 febbraio 2012

INPS: gestione separata - aliquote contributive anno 2012

L'INPS, con la circolare n. 16 del 3 febbraio 2012, informa che le aliquote dovute per la contribuzione alla Gestione separata nell’anno 2012 e le relative aliquote di computo sono complessivamente fissate come segue:

soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie   
                        27,72%
(27,00%IVS + 0,72 aliquota aggiuntiva)

soggetti titolari di pensione o provvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria
                       18,00%

Fonte DPL Modena

martedì 7 febbraio 2012

Camusso, la flessibilità è troppa, pronti a discutere ma non sull'articolo 18

Intervista del Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso sul quotidiano 'L'Unità': “Siamo disponibili a parlare dei tempi delle cause di lavoro, ma ministri e sindacalisti la smettano di parlare sempre di licenziamenti”

Segretario Camusso, vari ministri ironizzano sul posto fisso. Il clima sulla riforma del mercato del lavoro si fa pesante in questi giorni... “In una stagione già molto difficile sul piano dell’occupazione, in cui i giovani in particolare si trovano in una situazione di precarietà il tema non è dire che il mondo è cambiato, cosa che i giovani hanno perfettamente presente, quanto invece insistere sul fatto che bisogna da un lato rendere l’accesso al mercato del lavoro non precario e dall’altro ribadire che il vero tema è come creare lavoro. Si rischia di costruire un corto circuito, cambiare le norme del mercato del lavoro non migliora l’occupazione. Se non si investe, la disoccupazione aumenta, il problema non è se il posto è fisso o non fisso: il posto ora non c’è. L’emergenza è questa e non si deve colpevolizzare la ricerca del lavoro sotto casa. Quando in una grande parte del Paese la disoccupazione è uno a due, non si vede una prospettiva. I giovani italiani si muovevano eccome fino al 2008. Solo che le migliaia che erano andati al nord sono tornati a casa dopo il mancato rinnovo dei contratti a tempo, perché sono rimasti disoccupati, ritornati al Sud per una forma di sopravivenza e non per la loro indisponibilità a spostarsi”.

Angeletti propone una legge che, fatte salve le discriminazioni, specifichi quando i licenziamenti sono consentiti per motivi economici. Cosa ne pensa? “Le norme sui licenziamenti rispetto a motivazioni per organizzazione e crisi esistono già. La discussione vera è un’altra: tutte le normative sono sottoposte al fatto che anche se stai discutendo della crisi e quindi dell’oggettività dei problemi, non ci debbano essere discriminazioni. Questa norma non deve cambiare. La flessibilità in uscita c’è: si esce con una frequenza e una rapidità straordinaria. L’unico problema reale è l’incertezza sui tempi del reintegro e su quello si dovrà lavorare”.

Sarebbe disposta a ragionare non di articolo 18, ma di modifica delle due leggi sui licenziamenti? “Le due leggi regolano una i licenziamenti individuali (la 604), l’altra quelli collettivi (la 223). Già la loro esistenza dimostra che le possibilità di licenziare ci sono. Il tema su cui possiamo ragionare è che le cause di lavoro non possono durare un tempo infinito. Ciò che non è possibile che sparisca, che oggi regola anche queste leggi, è l’onere della prova delle aziende. Tocca a loro dimostrare che si sono rispettati i criteri e i giusti motivi del licenziamento”.
I vostri paletti al tavolo della trattativa quali sono? “La vera priorità è la riduzione della precarietà da un lato e l’estensione degli ammortizzatori dall’altro. Continuiamo a trovare poco credibile con questi dati sulle vertenze una discussione sugli ammortizzatori senza neanche un euro. Anche perché questa situazione durerà a lungo, non qualche mese”.
Riuscirete a mantenere una posizione comune con gli altri sindacati? “Continuiamo a lavorare sulle priorità, sulle cose messe nella piattaforma comune con Cisl e Uil. Nulla toglie che ciascuno cerchi soluzioni ai problemi. Ma nessuna soluzione deve essere un indebolimento dell’art. 18”.
Mercoledì l’incontro con Confindustria è confermato? “Sì, allo stato sì”.
Come ci arriverete? Non pensa che il quadro sia mutato? Che ci siano irrigidimenti? “Nell’ultimo incontro abbiamo affrontato il tema della precarietà da ridurre, della cassa integrazione, delle politiche attive. Siamo per continuare questa discussione. Ci è assolutamente evidente il rischio di avere focalizzato, sia per le dichiarazioni del governo sia anche per qualche dichiarazione di troppo da parte sindacale, l’attenzione sui licenziamenti. Ciò ha prodotto una convinzione nelle nostre controparti che l’argomento porterà a chissà quale risultato: non è così. Avremo una discussione anche su quelle che sono posizioni diverse,ma non sarà un problema”.
C’è lo spazio per fare un accordo con le parti sociali da portare al governo? “No, guardi, l’obiettivo non è fare un accordo con le parti sociali. Questa situazione per molte ragioni è diversa da tante altre: non si può utilizzare uno schema in cui ognuno fa il suo pezzettino e poi il governo li piglia e li traduce. Il nostro obiettivo è un accordo con il governo. Ben venga tutto quello che porta a fattor comune, che unisce. Ma non è che ci sono sette trattative, ce n’è una ed è quella con il governo. Ben venga che si ragioni e che si faccia una discussione, credo che il governo ne debba tener conto, ma non è che gli possiamo rappresentare una situazione per cui su quel tema o su quell’altro c’è il via libera. Il tema è l’accordo con il governo, senza nessun via libera”.
In segreteria è stato affrontato il tema della possibile spaccatura? “Noi quando ragioniamo di una trattativa in una condizione così difficile ci poniamo l’obiettivo di fare l’accordo, non ragioniamo dell’opposto. Noi pensiamo che bisogna assumere le priorità giuste: i temi dei giovani e degli over 55. Sul tema dell’apprendistato, sulla discussione per la crescita un accordo non è lontano. Ci siamo focalizzati su questi aspetti, non sulle ipotesi che l’accordo non si raggiunga. Unadelle ragioni per cui non bisogna mettere al centro della discussione l’articolo 18 è proprio perché bisogna fare un negoziato vero, un accordo sul mercato del lavoro. E non ci pare che la risposta sia l’articolo 18”.

E se articolo 18 ci sarà, voi tornerete in piazza? “L’abbiamo già detto con chiarezza. Ma per una volta vorrei prendere in positivo le dichiarazioni del presidente Monti. Un presidente del Consiglio che dice che non è detto che nell’intesa ci sia quel tema, io dico bene: è detto che non ci deve essere”
Ha già accennato a dichiarazione improvvide. Ha notato un cambio di posizione di Emma Marcegaglia, magari dovuta alla campagna elettorale per la sua successione... “Guardi, quando ci confrontiamo con singole imprese non troviamo imprenditori che ci dicono il problema è l’articolo 18. Ci dicono che il problema è che la riforma delle pensioni irrigidisce tutto, che il problema è la disoccupazione. Bisogna tener conto che questa è la realtà, non parlare d’altro”.
Con Fornero c’è un altro tema delicato, quello della rappresentanza sindacale. “C’è un tema che viene ancora prima della rappresentanza sindacale. È quello dello stabilimento di Pomigliano dove non entra neanche un lavoratore iscritto alla Fiom. Questa affermazione non ha trovato nessuna smentita dalla Fiat. Questo è il vero tema e credo anche che dimostri come l’articolo 18continua ad essere assolutamente fondamentale. La Fiat discrimina i lavoratori che hanno scelto un sindacato. La libertà sindacale è tale se il lavoratore può scegliere, non se c’è azienda che decide quali sono i sindacati giusti. Qui c’è il tema della correzione articolo 19, chiederemo un incontro alla Fornero”.

domenica 29 gennaio 2012

Addio a Scalfaro, primo Presidente della seconda Repubblica

La notte scorsa è scomparso l'ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.
Non intendo impegnarmi in esercizi di cordoglio, doverosissimo, ma desidero cogliere l'occasione per fare alcune considerazioni.
Negli ultimi due decenni e fino al giorno della sua morte, il Presidente era diventato un'icona della sinistra. I motivi sono molteplici e chiari a tutti: dall'importante ruolo svolto nella caduta del primo governo Berlusconi, alle sue scelte per le presidenze del consiglio immediatamente successive, egli è stato senza dubbio un artefice fondamentale del cambiamento politico nazionale che impropriamente viene definito seconda Repubblica.
Personalmente il merito maggiore che riconosco all'azione recente Presidente è l'avere svolto un ruolo centrale nel comitato per il referendum contro la riforma della Costituzione voluta dalla destra; attività che ha rappresentato un occasione di intreccio con la nostra organizzazione.
L'azione politica di Scalfaro è ben più ampia di quanto io abbia descritto, ma mi chiedo come la politica possa essere tanto camaleontica; infatti, il Presidente recentemente scomparso aveva una storia riconducibile alla destra DC, contro il centro sinistra, contro il compromesso storico era un conservatore anti comunista.
Questo mi offre lo spunto per due considerazioni:
l'intelligenza  politca sta nel saper adeguare la propria visione ed i propri convincimenti al contesto storico;
le nuove generazioni non sono in grado di generare figure di uno spessore paragonabile.
Grazie Presidente.
                                                                                                        FV

martedì 17 gennaio 2012

Ancora troppi i giovani precari

"Il lavoro atipico o temporaneo riguarda il 25% dei giovani fra i 18 e 29 anni, il doppio della media generale. Come i dati Isfol dimostrano una percentuale alta riguarda anche i laureati: si tratta dell'ennesima dimostrazione delle caratteristiche di sistema della precarietà".

Per un approfondimento:  http://www.dirittidellavoro.cgillombardia.it/IT/News/diritti_20120116.htm

lunedì 2 gennaio 2012

Lavoratori "Just in time"

 

Con il nuovo anno il governo Monti sembra aver cominciato a riflettere anche sulle possibili soluzioni per arginare la precarietà del lavoro per giovani e meno giovani. 
La Cgil ha proposto un nuovo "piano del lavoro" che prevede la riduzione del numero dei contratti atipici e una riforma degli ammortizzatori sociali, interventi indispensabili per la ripresa dell'occupazione, ma sul tavolo del Ministro Fornero ci sono anche:
- la riforma del senatore giuslavorista Pietro Ichino all’interno del quale però è contenuta la modifica all’art 18 relativo al licenziamento per giusta causa e al reintegro nel posto di lavoro;
- il "contratto unico" a protezione crescente pensato dagli economisti Tito Boeri e Pietro Garibaldi e sostenuto dal senatore Paolo Nerozzi (ex dirigente della Cgil);
- il "contratto unico di inserimento formativo" firmato da un'ottantina di parlamentari democratici (tra i quali l'ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano).
In attesa di capire le intenzioni del governo, che ad oggi sembra aver fatto un passo indietro sulla questione dei “licenziamenti facili”, e di apprendere i dettagli delle proposte, è utile cercare di capire da dove nasce la richiesta di flessibilità del lavoro da parte delle imprese.
Essa persegue due scopi principali: il primo è far variare i costi del lavoro proporzionalmente alla variazione della produzione e delle vendite; il secondo è ridurre il rischio d’impresa derivante dalla struttura stessa delle relazioni economiche, il cui filo conduttore sono commesse, appalti, ordinativi, forniture, consegne e prezzi.
Il lavoro diventa oggi un fattore produttivo equiparabile, senza distinguo, a tutti gli altri. Proprio come si fa con l’energia elettrica il lavoratore viene “spento” o “acceso” a seconda dei bisogni del momento.
Il “Just in time” è un principio di organizzazione della produzione elaborato negli Stati Uniti a metà del Novecento ma applicato poi con particolare efficacia nell’industria giapponese dell’auto.
Nessun semilavorato, nessun componente, nessun servizio di supporto arriva nel punto fisico in cui deve essere lavorato, montato o fornito se non nel preciso momento in cui potrà essere utilizzato.
Questo sistema di produzione “snello” ha avuto un notevole successo perché ha consentito di ridurre dell’80% gli stoccaggi e i magazzini e di risparmiare sulle superfici utilizzate, sulle aree interne di fabbrica e uffici e sul numero complessivo di addetti ai magazzini.
Nei manager si è così generata la convinzione che i principi di questa nuova organizzazione potessero valere anche per i lavoratori. Il problema da risolvere è stato regolare il flusso della forza lavoro in modo che le sue prestazioni fossero erogate e retribuite solo quando effettivamente utilizzabili.
Questo processo manageriale e i processi di globalizzazione hanno contribuito alla creazione in tutto il mondo di una nuova tipologia di lavoratore che possiamo definire il “lavoratore just in time”, inteso come colui o colei che viene occupato, in termini di ore e di prestazione, solo a fronte di una domanda effettiva, solo “appena serve” e la cui retribuzione sarà la remunerazione di quel preciso arco di tempo.
Ma su di una retribuzione “appena serve” si fondano le vite di migliaia di giovani e non giovani con affitti, bollette, benzina per l’auto e abbonamenti ai trasporti pubblici che non sono esigibili “just in time” (“appena serve il lavoro”) ma subito e che, senza stabilità lavorativa alcuna, hanno scarse speranza di futuro.
A questo governo è necessario chiedere di porre fine a questa tratta di lavoratori. Il lavoro atipico viene utilizzato anche laddove non è utilizzabile e per ridurre il costo del lavoro si punta ad incrementare il turnover di lavoratori flessibili.
“Prima di tutto il lavoro” abbiamo chiesto lo scorso 22 dicembre nella Piazza di Varese. E se questo governo intende davvero uscire dalla crisi l’unica soluzione è mettere davvero prima di tutto il lavoro.


Gaia Angelo