giovedì 10 maggio 2012

Storie precarie: il magazziniere che traduce Omero

pubblicata da Cgil Varese il giorno giovedì 10 maggio 2012
Monica Lang
Una laurea in lettere antiche e un contratto a tempo come magazziniere. La storia di Michele Giuriola, varesino lavoratore precario di 38 anni, racconta nei fatti la situazione dei tanti lavoratori - giovani, ma ormai non più soltanto loro - che nella nostra provincia sono in cerca di occupazione. Che a Varese il lavoro sia precario all'80%  lo raccontano anche i dati ufficiali: otto contratti su 10 atipici nel 2011, numero di cessazioni maggiore rispetto agli avviamenti da due anni a questa parte, quasi 10mila contratti a tempo determinato della durata di UN SINGOLO GIORNO che, tradotti in posti di lavoro tradizionali, equivalgono a meno di 40 NUOVI POSTI DI LAVORO in un anno.
In occasione della Giornata nazionale contro la precarietà abbiamo però voluto dare la parola a Michele, uno dei tanti lavoratori invisibili che popolano la nostra provincia.
Laureato in lettere antiche, Michele oggi lavora come magazziniere a Gallarate con un contratto part-time a tempo determinato. Ma soprattuto Michele è un ex COCOPRO al CEPU, dove ha lavorato per 4 anni con una collaborazione a progetto nonostante avesse vincoli di orario e gerarchici, una postazione fissa nella sede Cepu e retribuzione commisurata alle ore svolte (elemento questo che caratterizza in particolare il lavoro subordinato). Il suo incarico, tra l'altro, coincideva pari pari con il calendario della scuola pubblica (a casa luglio e agosto, ovviamente senza retribuzione né indennità). Nel 2010 Michele ha fatto causa al CEPU, ma, come ha spiegato lui stesso: "molti colleghi nelle stesse condizioni preferiscono subire e tenersi stretto il lavoro". Michele rappresenta la quasi la totalità del lavoro di oggi, eppure "è difficile creare una coscienza condivisa - ha raccontato - e la mancanza di solidarietà dei miei colleghi di lavoro è la cosa che più mi ha ferito in tutta questa vicenda. Ho deciso di fare causa e tenere duro proprio perchè ho vissuto sulla mia pelle una fortissima ingiustizia e ritengo che qualcuno debba pure cominicare a dire di no e ribellarsi".